Santa Giustina in Affori
A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
L'antico borgo di Affori pare debba il suo nome alla presenza e abbondanza d'acqua (Ad fontem, alla fonte) data dalle risorgive, ipotesi avvalorata dall'antica dicitura Affoni per indicare il paese (X secolo), mentre negli “Statuti delle acque e delle strade del contado di Milano fatti nel 1346” compare con il nome attuale.
Il nucleo principale del borgo, parte del quale tuttora visibile, si costituiva presso la strada attualmente composta dalle vie Taccioli e Cialdini. All'epoca tale strada era secondaria rispetto ad altre due vie di origine romana, ovvero la Bovisasca (militare) e la Comasinella (civile): il borgo si sviluppò quindi intorno alla chiesa di Santa Giustina, posta su tale via. La piccola cappella originaria però dovette subire ben presto un ampliamento per contenere i devoti in quanto dal 1454, anno di istituzione della parrocchia, vi si poterono pure celebrare le SS. Messe ed amministrare i Sacramenti.
Dagli inizi dell’Ottocento, oltre a quella dell'ampliamento, si fece strada l'alternativa della costruzione di una nuova e più ampia parrocchiale dislocata in un terreno più centrale e più spazioso. Nel 1853 si diede così l'incarico al famoso architetto Giacomo Moraglia, che ne tracciò i disegni e ne curò la costruzione affidata ai validi capimastri Verda e Piotti: il luogo prescelto si trovava circa a metà dell'attuale viale Affori (che un tempo era detto "magnifico viale", poi viale Vittorio Emanuele, e che cambiò nome all'atto dell'incorporamento di Affori a Milano, nel 1923).
La prima pietra venne posta con rito solenne domenica 15 marzo 1857; ai lavori di costruzione partecipò a vario titolo e mansione gran parte della popolazione afforese che, anche nelle domeniche, prestava la propria volontaria collaborazione manuale e con mezzi di trasporto e attrezzature. La costruzione terminò ai primi di ottobre del 1859 ed il giorno 23 venne solennemente aperta al culto.
Sempre nel 1859, quasi ultimata, accolse i feriti della battaglia di Magenta: erano i soldati del generale Cialdini (cui fu poi dedicata la vecchia strada per Dergano) che, dopo lo scontro, si erano accampati per due giorni a Bruzzano.
Passando ora all'aspetto artistico, un maestoso, equilibrato stile neoclassico caratterizza la parrocchiale. La facciata, basilicale, presenta tre porte moderne, che rivestono un certo interesse artistico e di significato.
Il portale centrale, infatti, è opera di Pietro Zegna inaugurata il 27 maggio 1990, mentre il portale di destra è opera in bronzo di G. Abram inaugurata il 26 maggio 1991 e ha il significato di “Porta degli Annunciatori del Messaggio di fede”, mentre il portale di sinistra, ancora di Zegna (27 settembre 1992) presenta riquadri con grandi figure di Vescovi di Milano. Sopra i portali laterali si trovano due timpani triangolari sovrastati da piccole lunette che richiamano la lunetta sopra il portale centrale, sovrastata a sua volta da un grande timpano che chiude la facciata; di lato svetta lo slanciato campanile con cupola verde.
All'interno, la pianta è a croce con un ampio presbiterio absidato: qui si trovano molti elementi di interesse artistico della chiesa.
Il maestoso altare maggiore fu costruito nel 1862 su disegno dell’architetto Luigi Clerichetti: sei candide e snelle colonnine in marmo bianco sorreggono il tempietto sul quale svetta il Risorto benedicente, opera dello scultore Luigi Marchesi (fratello di Pompeo), autore anche dei due Cherubini posti ai lati dell’altare. Il Tabernacolo con porta dorata e gemmata è opera dell’architetto afforese Ambrogio Annoni e risale agli anni '30 del XX secolo. Accanto, si trovano un altare (con Ultima Cena in bronzo) e un ambone (con Santa Giustina in bronzo) in marmo rosso Francia.
Ai lati dell'altare si trovano due affreschi: quello a sinistra, ispirato alla peste del 1576, è opera di Davide Beghè (1902), mentre l'altro, dedicato alle SS. Quarantore, è opera di Luigi Valtorta (1904).
Nel'abside retrostante si trovano affreschi sia nel catino che sulle pareti; lungo il semicerchio invece si dispongono gli antichi stalli in noce del coro ligneo, affrescato da Carlo Cocquio (autore anche della Via Crucis), e al centro degli stalli una sedia presbiteriale di ottima fattura in antico e pregiato noce, proveniente dall’antica parrocchiale, mostra pregevoli intagli a quadrati e piastrelli sulla spalliera e un baldacchino che la sovrasta con volta a tutto tondo.
Sulla controfacciata si trova l'organo, un Amati del 1810, proveniente dalla cattedrale di Pavia. Camminando verso l'uscita, sul lato sinistro si nota una statua lignea di San Giuseppe ad altezza naturale, realizzata nel 1721 da un "abile intagliatore di Milano" (purtroppo rimasto ignoto), e sul lato destro, vicino alla porta d'ingresso, il battistero con un affresco dell'Albertazzi.
A fianco si trova l'opera d'arte più importante di questa chiesa: una copia della "Vergine delle Rocce", eseguita, pare (ma vi sono versioni discordanti) da Ambrogio De Predis su disegno di Loeonardo: il De Predis infatti era un assistente del genio vinciano e lo aiutò anche nella preparazione delle due copie di quest'opera ora ospitate al Louvre di Parigi e alla National Gallery di Londra.
La chiesa può essere raggiunta con la M3 e un tratto a piedi o col bus 70.
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